La festa di San Giuseppe falegname, segnata in rosso sul calendario almanaccante, il primo di maggio, fu, credo, inventata negli anni ‘50 dalla Chiesa Cattolica: Patrono dei lavoratori. Tra le mansioni del Padre putativo, portatore di onesti gigli di pudicizia, carpentiere girovago, mulattiere esule, prodigo dispensatore di tenerezze presepiali, questo, del falegname, era il mestiere più accreditato dai candori letterari del Catechismo e, dunque, la trovata fu geniale. Tuttavia, a me, giovinetto, parve, ma non osai esibire pubblicamente la sommessa malignità, un modo un poco opportunista per competere con la Festa del Lavoro che socialisti, comunisti, sindacati, leghe e cooperative rispettavano con grinta e decisione approfittando per esibire furori oratori e banchetti generosi, disseminare di cortei rosseggianti città e campagne, esaltare i valori laici della operosità proletaria e della fatica degli umili. E poi, solo dopo, si cantava, si suonava, si ballava e si amava.
(continua)